Mr Savethewall getta la maschera

Pierpaolo Perretta è uno street artist comasco molto apprezzato che da qualche anno ha iniziato ad esporre le sue opere con lo pseudonimo di Mr Savethewall. Il suo approdo nelle gallerie d’arte è iniziato letteralmente dalla strada. E’ infatti nelle vie della sua città che le opere di  Mr SavetheWall fanno le prime apparizioni fissate  temporaneamente ai muri con quattro pezzi di nastro adesivo giallo agli angoli perché la filosofia di fondo è quella di suggerire idee e lanciare messaggi a volte provocatori nei confronti di tematiche di attualità ma sempre rispettando ciò che appartiene alla collettività. 

La reazione dei suoi concittadini è a dir poco straordinaria: i suoi lavori vengono letteralmente “catturati” dai passanti per essere incorniciati. Da qui il passo verso il riconoscimento da parte del mondo dell’arte è stato breve e le sue realizzazioni hanno cominciato ad essere ospitate nelle gallerie d’arte e negli spazi pubblici.
Per saperne di più della sua attività artistica sempre in fermento abbiamo rivolto a Pierpaolo qualche domanda.


Pierpaolo, perché un giorno della tua vita hai deciso che ti saresti dovuto trasformare in Mr Savethewall?
Tutto nasce mentre svolgevo la mia professione di vice direttore generale di una grande associazione di categoria comasca. Ho cominciato a sentire il bisogno di esprimere la mia visione della società contemporanea e delle sue derive, senza confliggere con il mio ruolo di “personaggio pubblico”. Ho brevemente pensato a come avessi potuto fare. L’unica via era farlo nottetempo, camuffato per non essere riconosciuto dalle telecamere di sorveglianza, in un luogo visibile a tutti, la strada, con una tecnica che mi consentisse la riproducibilità: lo stencil. 

Per farlo, tuttavia, non potevo andare contro i miei principi etici e la mia educazione, imbrattando i muri. La formula identificata è stata quella di una nova forma di “arte di strada”: disegni su cartone o carta da pacchi attaccati con nastro adesivo brandizzato “Savethewall”. 
Savethewall nasce così, salvando i muri dai miei stessi lavori . Quando poi ho deciso di lasciare il mio lavoro, mi sono ritrovato automaticamente con una nuova professionalità tra le mani. Oggi la realizzazione e la vendita di stencil è il mio lavoro.

Ci puoi parlare della tecnica che utilizzi per realizzare le tue opere?
La tecnica è quella dello stencil. Disegno su carta e poi ritaglio le parti scure in modo da creare delle maschere. Spruzzando il colore attraverso gli intagli si materializzano i miei lavori. Questa tecnica è oggi nota grazie a Banksy, il più famoso degli stencil artist, ma ce ne sono altri, contemporanei, come Blek le Rat, Jeff Aèrosol, C215 e tutti quelli che sono stati risucchiati nella categoria “Planet Banksy”. Ci sono artisti italiani molto più noti e importanti di me come Lucamaleonte, Orticanoodles e tanti altri. La tecnica è stata usata anche da Franco Angeli e Tano Festa, Schifano. Ancora prima un’iconografia riconducibile allo stencil si poteva ravvisare durante il ventennio fascista e nella decorazione di ambienti country.
Per non parlare del fatto che 40 mila anni fa nel Sulawesi alcune iscrizioni rupestri furono realizzate appoggiando le mani sul muro e spuzzando pigmento dalla bocca."

Le tue realizzazioni non lasciano mai indifferenti per la loro tendenza a trattare temi forti e scomodi della nostra contemporaneità. Qual è il messaggio che vuoi veicolare?
"Ho scoperto che ognuno riesce ad attribuire comunque un significato personale ad ogni mio lavoro. Qualcuno disse che “La verità, come l’arte, è negli occhi di chi guarda” (citazione di una frase  di James Jim Williams tratta dal film "Mezzanotte nel giardino del bene e del male" n.d.r.) e penso sia verissimo. Tuttavia concordo sul fatto che la maggior parte dei miei lavori non lasci indifferenti il grande pubblico. Nel sistema dell’arte, salvo rare eccezioni, sono molto più apprezzati lavori che lascino più spazio alla fantasia. Non è il mio caso. Ci tengo molto al fatto che il mio lavoro suggerisca lo spunto di riflessione, cercando di non cadere nella trappola del “didascalico” che è sempre in agguato. 

Cerco nel mio piccolo di far riflettere sulla società, le sue derive, i suoi limiti. Tutto sommato non mi mancano gli spunti, in quest’epoca di crisi e di decadentismo."

Recentemente sei salito alla ribalta per la “campagna cartoline” a difesa del lungolago di Como, ci parli di questa iniziativa e di come è nata?
"L’iniziativa ha le radici nella mia poetica e nella mia ricerca, come specificato prima. Ho solo cambiato il linguaggio. Avevo già fatto un’operazione simile mettendo i fiori nelle buche delle strade del centro storico (a Como n.r.d.) per evitare ai distratti malcapitati passanti di caderci dentro. Subito i media si sono interessati alla provocazione e le istituzioni competenti hanno provveduto alla risistemazione del manto stradale dopo mesi di incuria. L’operazione delle cartoline è analoga ma con il vantaggio della collaborazione del principale quotidiano locale che ha avuto il fondamentale ruolo di amplificare la portata della provocazione. La gente ha risposto in massa facendo la differenza. Il fenomeno ora è noto a livello mondiale. Tutto nasce dall’osservazione di quanto è, come sempre, sotto gli occhi di tutti.
L’impresa artistica, forse, consiste nel trovare il modo di portare a galla il problema in modo ironico, provocatorio ed efficace ma senza essere offensivo."

Cosa nascondi nel cilindro per il futuro?
"Per ora solo il fatto di voler andar fuori dall’Italia, mio malgrado."
 Una conclusione che lascia con l'amaro in bocca, ma la speranza è che il finale vero sia a lieto fine…in Italia.

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